Chiesa di San Canziano affidata temporaneamente alla Pastorale Cittadina per conto dell’Unità Pastorale della Cattedrale.
LA STORIA
La chiesa di San Canziano è una delle più antiche chiese di Padova: la sua prima memoria risale ad un documento del 1034, con il quale il vescovo Burcardo alle monache del monastero benedettino femminile di clausura di Santo Stefano -che sorgeva dove ora si trova il palazzo della prefettura- assicurò una dotazione elargendo dei possedimenti in campi e case e donando altresì le rendite di due piccole chiese, quella di San Canziano, appunto, e quella di San Lorenzo -che sorgeva dove attualmente si trova la tomba di Antenore-.
La chiesa è intitolata ai martiri di Aquileia, Canzio, Canziano, Canzianilla e a Proto loro precettore. Dei tre fratelli Canziani, discendenti dalla nobile famiglia degli Anicii, stabilitasi ad Aquileia, parla Venanzio Fortunato, raccontando delle persecuzioni di Massimiano. Il culto in loro onore si diffuse intorno all’anno mille, nel risveglio civile e religioso che spinse un gruppo di fedeli a chiedere al vescovo di Padova di erigere un oratorium dedicato ai martiri di Aquileia. Sorse così la prima chiesa di San Canziano di cui si celebra la memoria liturgica il 31 maggio.
La chiesa venne distrutta dal terremoto del 1117; ricostruita, venne colpita dall’incendio del 1174 che distrusse ben 2.614 case. Della chiesa primitiva rimane oggi, nascosta sotto una spessa coltre di cemento, l’antica facciata romanica, prospiciente su via delle Piazze. L’orientamento della chiesa, infatti, era diverso da quello attuale ed aveva un andamento est-ovest: l’abside, situata ad est, sorgeva dove ora si trova l’altare di Santa Rita; la facciata era situata ad ovest, appunto su via delle Piazze.
Con gli editti napoleonici del 1806 la chiesa cessò di essere parrocchia autonoma e venne posta come sussidiaria della nuova parrocchia dei Servi.
LA CHIESA ATTUALE
La chiesa, come si presenta oggi, è frutto di un radicale rifacimento architettonico risalente al periodo 1595-1617, grazie al generoso lascito di don Cesare Mantova, parroco della chiesa per 27 anni e morto nel 1595.
La facciata è comunemente attribuita a Vincenzo Dotto, architetto padovano della seconda metà del 16° secolo. In stile palladiano, è scandita da quattro colonne corinzie poste, due per parte, su un alto basamento. Fra gli intercolumni si trovano, collocate all’interno di nicchie, due statue di Antonio Bonazza, scultore padovano della metà del 18° secolo. A sinistra: l’Umiltà, sopra la quale un bassorilievo di scuola del Bonazza rappresenta i santi titolari della chiesa invitati ad adorare un idolo; sotto la medesima statua vi è una lapide funeraria in pietra di Nanto del medico Bartolomeo Campo. A destra: la Verginità, sopra la quale un bassorilievo di scuola del Bonazza rappresenta il martirio di Canziano e Canzianilla; sotto la medesima statua un’iscrizione ricorda il lascito testamentario di don Cesare Mantova. Sull’attico, sopra la facciata, sono collocati i quattro evangelisti, opera di Piero Danieletti, scultore padovano della seconda metà del 18° secolo. Al centro della facciata campeggia il grande affresco di Guido Ludovico da Vernansal, rappresentante l’Immacolata Concezione con i santi Canzio, Canziano Canzianilla e Proto, realizzato negli anni 1722-29.
L’interno, molto semplice, si presenta a tre navate, di cui una centrale nettamente più ampia e due navatelle laterali; la copertura è costituita da un’ampia volte a botte lunettata sopra la navata centrale, e da volte a semicrociera sopra le due navatelle. Lo spazio interno è suddiviso da possenti pilastri compositi in stile corinzio.
Navatella di destra (a partire dall’ingresso): la Pentecoste, pala ad olio del 17° secolo, di autore ignoto; altare in marmo dedicato all’Immacolata Concezione con tela di Francesco Zanella, pittore del 17° secolo.
Presbiterio: altare del 1611, costruito a spese di Girolamo Tiraboschi secondo un’iscrizione oggi perduta; pala d’altare attribuita al Padovanino (Alessandro Varotari, detto il P., 16°-17° secolo) e rappresentante Maria venerata dai santi titolari della chiesa; nelle nicchie ai lati dell’altare maggiore statue in terracotta di Andrea Briosco, scultore padovano della prima metà del Cinquecento che rappresentano a sinistra in alto Sant’Agnese, in basso Sant’Enrico (questa statua è attribuita però alla scuola di Bartolomeo Bellano, padovano del 15° secolo), a destra in alto Sant’Anna in basso San Girolamo.
Navatella di sinistra (a partire dall’altare maggiore): in alto, sopra la porta della sacrestia, è collocata una tela del 1630 di Pietro Damini, raffigurante il miracolo del cuore dell’avaro (secondo le guide storiche della città, il pittore avrebbe raffigurato il medico Fabrizio d’Acquapendente, famoso per le sue lezioni di anatomia e per aver realizzato il teatro anatomico nel palazzo del Bo, l’università); altare di Santa Rita, la cui devozione fu introdotta nella chiesa da Don Pericle Penzo nei primi anni del Novecento, con pala del 1930 di Cecilia Cagnato Piva che ha sostituito la precedente oleografia e che è stata donata come ex-voto (l’angioletto che scende portando una corona rappresenta il bimbo della pittrice, nato per intercessione della santa); sotto l’altare di Santa Rita si trova il Cristo morto, scultura del Briosco risalente al 1530; sopra la porta laterale è posta la Processione di San Carlo Borromeo, dipinto ad olio di Giovanni Battista Bissoni, pittore padovano del Seicento; vicino alla porta una lapide ricorda la consacrazione della chiesa del 1762